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Risposta al test: “Che tipo di zanzariera sono”


Il testo del test lo trovate qui.

1) A.Gemma, o un paranoico complottista: vedete il conflitto ovunque,vi vogliono fare tutti fuori, vogliono usare la vostra pelle per ricavarne del denaro. Che drink? bevete tutto, purché sia offerto.

2) Siete una persona noiosa, perché state leggendo questa cosa? Non vi è una perdita di tempo? Fra 5 minuti comincerete a dire cose tipo: ah ma chi è che ha sprecato tempo per scrivere tali stronz… – Che drink?bevete tequila sunrise o quella cosa all’ananas.

3)Silvio Berlusconi – bevete “i liquidi” ma whisky nelle pause.

4) Pier Luigi Bersani – bevete vino rosso.

5) Siete me. Scomodi e paranoici.Durante il tempo libero vi sedete ai tavolini dei bar e guardate la gente mentre pensate a un modo pulito di far fuori tutti.(bevete roba tipo Martini, moscow mule,sex on the beach se proprio)

6) Non vi sentite nessuno di queusti? Bravi! Avete appena scoperto di essere intelligenti (quindi leggete 2), voi però bevete bloody mary

Ci siamo trasferiti

Ebbene, tutti prima o poi si spostano. Se eravate affezionati al mio piccolo portale sul mondo, potete continuare ad esserlo, andando su www.bananetouringclub.com, tenendo presente che ho voluto provare qualcosa di nuovo.

Un bacio a tutti (sì ma per finta),

vostra Jane

La candida non è esattamente il primo esempio che mi è venuto in mente

Se non esistessero i messaggi, le mail, FB, le chat, io sarei una donna fottuta. Così come le lenti a contatto, questi mezzi di comunicazione mi hanno sempre consentito di avere una vita sociale: fidanzati, amici, coniglietti sono tutte conquiste conseguite per mezzo dello scritto. Non avrei mai avuto tutto questo se avessi solo parlato. Scrivere ti dà modo di immaginare e di darti tutte le chance che ritieni: rivivere, ricreare- e non “forse se avessi detto questo, ma se avessi detto così… no no no ho sbagliato tutto: mando un sms”
Questo perché in fondo io non so mai cosa dire al momento giusto; a volte diretta, a volte fuori luogo, a volte criptica: il più delle volte la gente mi guarda con una faccia tra lo stranito e il biasimo alla Jessica Fletcher quando scopre l’assassino e in un certo senso, comprende il movente.

La pedana

Ero in discoteca, ballavo su una pedana. La pedana era una palco e la discoteca era in verità un circolo. La pedana era un palchetto di cemento sopraelevato di 50 cm, la discoteca un circolo associativo, ok: un circolo associativo vagamente underground dall’arredamento eclettico e la fauna indiefag un po’ erasma, un po’ facciamosessocheimportachefacciahaiechiseichissachesaradinoiloscopriremosolovivendo– insomma il Fishmarket.
Un tipo passa, con la foggia di un macellaio ungherese mi taglia la strada e mi fa cadere nel baratro dei piani bassi. Io mi sento affrontata, dico al mio amico: “Hai visto? Adesso mi sente!”
Il mio amico mi guarda come se gli avessi detto che sono lesbica: non capisce un cazzo.
Busso alle spalle del tipo, il tipo si gira, mi guarda e aspetta. Io non so che dire. Goffamente gli dico: “ Tu… non puoi impedirmi di frequentare l’area della pedana”
Lui mi guarda come se fossi una menomata mentale. Dice: “Quale pedana?” Io cercando vanamente di sembrare incazzata rispondo: “quella pedana. Il palco. Lo spazio sopraelevato: mi hai spinto giù” lui: “Ah, ok scusa. Scusami davvero” Io dico: “ok”
Sta per dire qualcos’altro ma io vado dal mio amico e dico: “Gliele ho suonate: gli ho detto che non ha il diritto di non farmi frequentare la pedana” Il mio amico mi fissa, ed è fisso, come una statua, per lo stupore.

Le torture

Un’altra volta sono andata in un locale dall’aspetto finto medievale: uno di quei posti con le mura, le tavole di legno, tanto spazio. Parlavo coi gestori, e ciascuno diceva una cosa: “potremmo mettere delle danzatrici del ventre medievali” (tra me e me: che cazzo di differenza c’è tra medievale, o moderno o antico, se è del ventre?) “potremmo mettere una ghigliottina” “ la ghigliottina è di epoca moderna” puntualizziamo, “potremmo mettere una gogna” tutti entusiasti , tutti compiaciuti delle loro idee, “potremmo mettere un ponte levatoio”, grida di giubilo,“potremmo mettere dei cavalli” io ad un certo punto “mettete una stanza delle torture”.

Silenzio. L’entusiasmo si spegne,biasimo.

Un dj
U n giorno stavo parlando con un dj di diete. Tipo simpatico, soprattutto perché non sembra badare veramente a ciò che dico, è evidente che ha avuto contatto con casi umani ben più gravi del mio. Quindi mi sento sempre a mio agio. A volte mi fissa con incertezza, ma ho scoperto che è miope e che non mette gli occhiali perché non è più un ragazzino.
Io:Vuoi un pezzo di pizza?”
Lui:“No, non mangio lieviti, mi devo tenere in forma per i pranzi e cene di nozze a cui vado di continuo”
Io:“Ah. Ma stai bevendo una birra”
Lui:“Beh ma è piccola”
“Sì certo” dico “Se ci pensi l’alcol della birra poi è uno zucchero. Tutto quadra:lo zucchero nutre i lieviti. Per quello, quando hai la candida non puoi mangiare zuccheri, cioccolato, alcol. Perché la candida è un lievito.”

La candida.

EVITATE TUTTO, MA NON I FIGLI

Uno studio dell’università del Dakota dello scorso novembre ha stabilito che avere figli fa bene: mantiene il cervello fresco e giovane; inoltre aumentano le possibilità di non morire da soli.

L’altro giorno ci è venuta in mente questo studio, uscito in un mensile, il Reader’s digest, a proposito della recente notizia della Nannini incinta. Il discorso è venuto fuori anche nei ritrovi con la comunità gay di Vigonza, molto nutrita di elementi dal formidabile acume, i quali, da sempre, si giocano le palle sull’omosessualità della donna. Io francamente, non ho mai pensato che il figlio potesse essere stato concepito con i metodi tradizionali. Loro sono molto meno magnanimi, si riferiscono a concepimenti avvenuti in fattoria.

Tuttavia, lo studio è così ben fatto, e riporta esempi così verosimili che io ho subito pensato che la Nannini l’avesse letto e si fosse spaventata.

Ecco i casi riportati

Le primule di primavera

“Una signora francese, viva e vegeta, raccoglie dai 5 ai 6 quintali di primule al dì. Abita in u n villaggio, che si chiama “primèvere”, ovvero primula, nel Poitou. Questa signora è una fan persa di Charles Aznavour. Un giorno, il maligno del villaggio, detto Jerome, sapendo di questa sua passione unita alla zitellaggine, le indica una casa dimessa dal pavimento aranciato, abbandonata , e le dice: “Lì Edith Piaf scoprì Aznavour”, “un patto di primule sancì la loro amicizia”. Al villaggio poi, non è difficile trovare primule, sicchè la storia sembrava proprio verosimile. Così, la donna, da quel giorno, per omaggiare Charles, decise di raccogliere dai 5 ai 6 quintali di primule al dì, poi spartiti in vasetti da 50 g, immaginate voi quanti! – piazzati di fronte al cancelletto della casolare.”
Lo studio lo riportava come caso di demenza dovuto all’assenza di procreazione.

Una spia russa dal gomito pesante

Un’altra storia è quella di Peggy Bonfante, una vecchia italoamericana di origini russe, di manhattan. La donna, in vita, era stata uno di quei pezzi grossi della banca bolscevica, nella fattispecie una di quelle donne che passa informazioni segretei dentro alle ricette della parmigiana. Insospettabile. Aveva svolto il suo lavoro alla perfezione, aveva ricevuto tutti gli onori e i meriti, ma non aveva avuto figli; questo per scelta sua: se ne girava sempre con una pillola del suicidio in bocca, non se la sentiva, così precaria, di mettere al mondo figli. “Se non ho figli”, diceva,” tanto vale non avere un uomo “ – vecchia volpe femminista. Non pensiamo fosse lesbica, in quanto i colleghi dicono di lei che non curasse la depilazione. Comunque, così come non si curava i peli, non si curava i denti. Un giorno, un ascesso in corso, dolori acuti, mezza inferma sul divano non riesce ad arrivare al telefono; non riesce ad arrivare al vicodin. Fortunatamente, o, ahimé sfortunatamente, a fianco al divano ci sono 28 bottiglie di acqua san pellegrino . Il frizzantino le anestetizza per pochi secondi la parte dolorante, che poi deglutisce. Così passa tutto il dì seduta sul divano e si fa fuori le prime 14 bottiglie. Ci pensa su e va avanti. Si fa fuori altre 7 bottiglie e perde conoscenza. Bussa la vicina, chiama la polizia e la trovano gonfia e riversa sul divano bagnato di pipì. Inutili i tentatiivi di farle mangiare del sale per attirare l’acqua in pancia: ormai ha già innacquato il cervello. Dicono che la vicina, mentre l’autombulanza se la portò all’ospedale, rubò le bottiglie rimanenti.

Il bolo assassino

Un’ultima storia, quella di un claustrofobico del winsconsin, di 55 anni, ingegnere col vizio di mangiarsi dai 15 ai 25 pacchetti di ciunghe al giorno e di attaccare il bolo al soffitto prima di andare a letto. Senza figli. Lo studio dice che proprio la carenza di affetto che un figlio può darti lo portava a farsi fuori quelle ingenti quantità. Il punto è che non ne sputava nemmeno una: uno sopra l’altro, i confetti di vigorsol alimentavano la palla di bolo, finché non si faceva l’ora di andare a letto. La quantità di pacchetti assunti dipendeva esclusivamente dalla composizione della saliva, che andava a rendere più o meno voluminosa la ciunga. Quest’uomo, Richard Alfred Murray – per gli amici Fred -, aveva però un piccolo problema di respirazione mentre dormiva, e russava alla grande. Un anno, il 1989, anno di rigido inverno e ingenti nevicate, Fred va a letto nella sua casetta di legno e di montagna. Ora sapete come tutto vibra molto di più se di legno. Insomma, una notte un masso di neve cade sul tetto, e provoca spostamenti pari a quelli di un terremoto. Fred dorme, a bocca aperta, e il colpo gli fa cadere il bolo ancora umido dritto in gola. Vani i tentativi di chiedere aiuto. Cosa sarebbe successo, se avesse avuto dei figli? Dice lo studio. Di sicuro non avrebbe mangiato tante gomme… dicono che la Vigorsol comunque si sia fatta carico dei funerali.

Ora, a sentire queste storie terribili, viene proprio voglia di procreare, no? E così è stato per la Nannini.

I mondiali

Il campionato

Durante questi mesi non ho seguito il campionato. So chi ha vinto, so che chi ha vinto ha vinto tre volte. So che chi non era interista lo è diventato; chi tifa altre squadre ha seguito le partite dell’inter. L’inter è diventato un caso nazionale e internazionale. Un tassista, a Barcellona, mi ha chiesto: “tifi Inter o milan?” A me è venuto in mente quando si era bambini e si poteva tifare solo o juve o milan. Io ho detto: “ non lo so, mi piaceva quando l’inter perdeva”. Era più romantico. Era più da sabato del villaggio. Da com’è bella giovinezza che si fugge tuttavia. E’ come se qualcosa si fosse concluso. Come se avessimo messo un punto a una lunga storia d’amore.”L’inter mi sta più simpatico”.

Usciamo?
L’altro giorno un mio amico mi ha detto che non usciva con una tipa perché doveva guardare la partita. Lei gli ha detto: e così, una partita è più importante di me? Lui: sì.

In adolescenza
La domenica è una giornata per fidanzati. Ci vediamo? Sì. Andiamo in un bar, a prendere l’amaro.” Ok, volevo fare un giro a…”. “Mi metto da questa parte perché così posso vedere le partite.”” Ah,ok, io mi leggo il giornale. “Mi spieghi il fuorigioco?” “No. dopo”. “Se non me lo spieghi subito tolgo la corrente”

Magra consolazione
Una volta mi piaceva un ragazzo. Questo ragazzo era fidanzato, da anni, però intanto ci spalmavamo il gelato in faccia. Chiaro indice di flirt. Soffrivo. Pensavo a quest’altra, chissà mi dicevo. così gli ho fatto un gioco: “Nella stanza rossa, chi vedi?” “beh, nella stanza dalla porta rossa vedo una bandiera granata, del Toro”. Bene penso. Non ci sarò io, ma non c’è nemmeno lei…

Usciamo?II – Hai tempo fino al 12 per concludere
L’altro giorno un mio amico mi ha detto che era uscito con una tipa e che tutto era andato bene. “Bene –dico- hai approfittato della pausa tra la champions e l’inizio dei mondiali per trovarti la fidanzata” Lui, riflessivo:”effettivamente, sì”
Il pacchetto sky
Sabato cominciano i mondiali. Un ragazzo mi ha detto che il bello del pacchetto sky è che ti puoi guardare TUTTE le partite. Cioè non ti preclude una visione globalizzante dello sport. Cioè dopo tutto i mondiali sono una roba MONDIALE capite? Calcio di qualità. Stili a confronto. “ah, ok”.Insomma
NON SI SCOPA

E se perdiamo? Chi si riprende prima
1) L’uomo rassegnato ma cosciente: “lo sapevo” certo non è possibile lasciare a casa XXX. E’ quello che si riprende prima perché, in fine, predilige il calcio da club. L’attività sessuale riprende tranquillamente dopo 5 minuti dalla fine.2) L’uomo deluso. Ci sperava. Ci ha sperato fino in fondo. Fortunatamente è così deluso che guarderà solo la finale, per poi piangere sugli errori arbitrali, le ingiustizie nel mondo, la povertà. La crisi. Eh, certo, con sta crisi…chi è che ci ha i soldi per vincere i mondiali? Una serata in bianco.
3) Il ripiego. La disperazione nel suo volto e la necessità del chiodo scaccia chiodo. Se non abbiamo vinto tifo Olanda. Se l?olanda non vince tifo Brasile. Se il Brasile non vince punto tutto su Ecuador. E se perde anche l’Ecuador? Sai che c’è dell’ottimo cacao in Ecuador? Non hai capito, io mi uccido. Ok senti, facciamo sesso prima? Mese di astinenza.

Qualcuno però mi spiega che cos’è il fuori gioco?

Non toglieteci i kebab

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Che cosa sarebbe la mia vita se ci togliessero i kebab? Cioè in definitiva: se togliessero i kebab a Padova?
Diciamo che sarebbe molto triste. Verrebbe privata del domenicale appuntamento col pop fantasy.
Ogni domenica, io e i miei amici ci rechiamo puntualmente in un kebab di fiducia, a cenare. Sto per essere politically incorrect. E’ uno dei momenti più belli della settimana, quando noi, piccolo borghesi decaduti perché da soli non riusciamo ad avere gli stessi soldi dell’adolescenza, ce ne andiamo al Kebab.
Prima di tutto si può dire che, oltre a un momento fantasy, è un momento pop – in senso etimologico – “popolare”- incontriamo tutte le categorie sociali della povertà, dell’emarginazione, della sfiga: i finti poveri figli di papà, i drogati, le famiglie take away, i magrebini, gli alternativi de sinistra, la gente di passaggio, noi. E’ bello. La musica è un pop scadente e sconosciuto, le luci sono al neon e i tavoli di plastica. A me piace perché è un posto vero in cui posso bermi una coca cola con la cannuccia, senza usare il bicchiere. La cannuccia è sempre un po’ revival, se unita alla coca cola, soprattutto se è sottile. Quei micro tubicini diametro bollicina di Co2, tipo.
C’è sempre bella ggente, e begli uomini: voi punkabbestia, vuoi i magrebini, vuoi i papà che comprano il kebab da portare alla moglie e ai figli. Noi ci sediamo e mentre mangiamo facciamo le nostre considerazioni; oppure stiamo con lo sguardo trasognante a effettuare voli pindarici di erotismo con quegli uomini.
“Senti ma guarda quel punkabbestia: di’, tu te lo faresti?”
“Ah no, io no, guarda secondo me nemmeno si lava, cioè guarda. Tutto ma uno sporco no. Scusate ma voi avete messo o no la cipolla nel vostro?” “No”“No”
Tre minuti di silenzio.
“Scusate ma voi avete messo la cipolla o no?”
“Sei matta? Ce l’hai chiesto 2 secondi fa.”
“Non ho ascoltato la risposta …”
“Che cazzo chiedi allora? Se poi non ASCOLTI” “Te lo dico io che stava pensando questa: si stava facendo montare da quello che non le piaceva. Femmine.”
Ecco dai. Noi amiamo l’eterogeneità, il mix trasversale e orizzontale. Ma soprattutto a noi, il kebab, ci piace.

Chi è mille punti

Mille punti è un gioco. Un gioco cominciato tanti anni fa, 3, all’ultimo anno della triennale. Frequentavo la biblioteca molto spesso al tempo: tra esami e tesina, l’odore da scaffali e il calore d’inverno mi assecondavano lo studio. Ad oggi, la biblioteca è molto frequentata, e viene trattata come un’aula studio. Il che è fastidioso perché ti ritrovi compagni di banco che studiano giurisprudenza, matematica, medicina. Nulla contro questi studi, ma insomma: altro. Mi ricordo ai primi anni, quando qualcuno di loro mi fermava e mi diceva, con una punta di sprezzo, nonché d’alterigia: “Ah, anche a me sarebbe piaciuto studiare quelle cose, ma poi il lavoro me lo trovi tu?” Io rispondevo, forastica e con altrettanta protervia : “il lavoro te lo trovi da solo. Fatti i cazzi tuoi che io mi faccio i miei.”
La biblioteca è un luogo sacro, non è un luogo per cuccare. Per me, per altri anche no. Quelli che giurano e spergiurano di odiare le discoteche, che odiano ballare, che odiano bere gli spritz, di solito cuccano in biblioteca. Io non amo questa specie, perché la biblioteca è un luogo platonico, e non si mischi il sacro col profano; inoltre, a dir la verità, suonerà strano a molti, ma io in biblioteca ci vado proprio per studiare. Sul punto della biblioteca intesa in modo platonico, mi sarei trovata in accordo, molti anni dopo, con Borges. Con la categorizzazione potenzialmente infinita, e ciclica. Una categoria infinita sembra quasi una contraddizione: ovviamente, quasi. E poi, finito è finito il tutto. Dopo tutto, il tutto è solo ciò che possiamo immaginare.
Succede che il medesimo anno mi sento giovane, vitale, mi faccio crescere i capelli. Mi guardo attorno in biblioteca, mi guardo attorno per strada, mi guardo attorno in palestra. Mi accorgo, che, tra gli assistenti, i laureandi più vecchi – e no, non fra i professori mio dio c’è sempre del rispetto- c’è un bel nugolo di cervelli scopabili. L’atteggiamento che tengo io in biblioteca è quello della riservatezza, low profile. Succede però, che a continuare ad andarci, mi innamoro di un uomo misterioso: mille punti. Mille punti sta sempre in biblioteca, col mac, le cuffie, e una montagna di libri. Ha uno sguardo tra lo scocciato e il malinconico, di ghiaccio a tratti: se la tira, se la tira eccome.
Con la mia amica decidemmo di avviare un gioco, piuttosto simile alla etichettatura dei libri catalogati: chi si fa chi, chi si fa cosa, avremmo dato dei punti. Ogni persona è un punteggio: vuoi alto, vuoi basso. Cominciammo coi mille, e, adesso, con l’inflazione, il tipo col valore più alto sul mercato è 12.000.0000 di punti. Azz, colpo grosso, sarebbe, ad averlo. Il punteggio è anche un identificativo e un senhal. Voglio dire, non è che possano esistere due ragazzi/ragazze-uomini/donne con lo stesso valore. La parità, nella nostra scala, non esiste. Un numero è come una persona: unica, speciale.
Parecchi i fattori crivellanti: il fisico conta poco, eccezion fatta per tipologie mozzafiato, in cui la bellezza conta; il ruolo sociale conta abbastanza, ma non in assoluto: non è detto che un tuo capo, politico famoso, una persona di rilievo universalmente riconosciuta, valga di più di un giornalaio che però è il tuo irrealizzato storico; il sesso conta, fino a un certo punto, se è donna e tu sei donna, e questa donna è molto cattolica, e certe cose per carità non le farei mai, dio me ne voglia, non è naturale, ecco diciamo che in questi casi il punteggio sale per il valore pedagogico che potrebbe avere il farsela. Un valore pedagogico, chiaro, a fronte di un alto potenziale di sfida.
L’occasione non fa il tipo/a punteggio. Non è che a posteriori puoi dire: eh, mi sono fatta il mio irrealizzato numero 3, vale 15.000 punti. E’ bene essere chiari, fin da principio: nessun giuoco da fantacalcio è valido. Il punteggio si stabilisce prima del possesso, dopo…non è NULLA. La premeditazione, la strategia sono elementi importanti, che fanno punteggio. Ma bada bene: i punteggi non si sommano, al massimo si raccontano, come le imprese epiche.
Mille punti, è rimasto platonico, e così deve stare. Ogni tanto lo si vede in biblioteca, che studia. Un giorno sono per l’appunto in biblio che cerco libri; cell alla mano, msg: “ Prima sono passata dal laboratorio di informatica, per guardare la posta. Entro in aula, ma c’era lezione, Mille punti insegnava. Chi è veramente quell’uomo? Quale il suo ruolo? Quale la sua identità?” Azz, stupore negli occhi, riso nella mente, vagamente manifesto: “Chi è Mille punti?” Vuoi vedere che è uno di quegli informatici che leggono? Uno di quelli che avrei voluto ma me lo trovi tu il lavoro? Un hacker a lettere. Nuovo gioco. Scoprire chi è mille punti, senza chiederlo direttamente. Molte leggende sono state divulgate sul suo conto: “ E’ un mengaldiano, ha curato tale edizione” , “E uno storico, ha curato i meridiani”, “Studia musica: ha il mac”.
Do you wanna play?

Arbeit macht frei


Pum Pum Pum. Tre colpi secchi, alla nuca, mentre dorme. Pumpumpum, ma si accascia prima, guarda il corpo del nemico in posizione fetale, ne osserva il viso: sfracellato sulla parete di fronte, sangue ovunque. Pum,pum pum,il rumore dei passi nel corridoio, si guarda allo specchio, il soldato: si punta la pistola in gola, spara, sente il sangue,caldo, in gola, forse.
Abulia.
Era russo, cecchino dalla mira di falco.
Un giorno una giornalista gli aveva chiesto:
“Perché l’hai ucciso?”
“Non lo so”, aveva risposto.
“Perché gli hai tagliato le orecchie?”
“Non lo so”, aveva risposto.
“Perché gli hai fatto lo scalpo?”
“Ma è un ceceno”, aveva risposto.
“Capisco”
Più o meno come chiedere di che reggimento siete fratelli a un bambino. Si sa cosa si chiede, ma non si sa come finirà.

E’ mezzanotte alle sette di sera


Voglio raccontarvi la storia di Alessandra. Cammina da sola per strada, è tardi di notte. Pensa al futuro. Al futuro che non ha.
Oggi l’hanno licenziata, faceva la telefonista per 4 e 50 all’ora.
Ha un esame da dare, non ci riesce: greco. Purtroppo, a 14 anni, non aveva i soldi del biglietto per arrivare al paese vicino, dove c’era il classico. La mamma le ha impedito di seguire il suo sogno dei miti d’infanzia, per necessità, qualcuno direbbe per il pane. A volte 50 euro pesano. Ma lei ha detto Sì mamma, faccio corrispondenti in lingue estere, che vuoi che sia, mi piace lo stesso.
In realtà, soffriva mentre a scuola le insegnavano i linguaggi commerciali in 7 lingue. Lei una sola lingua voleva sapere, la lingua dei miti. Parole morte ma significati vivi nel colore del tempo.
Nel buio della sua stanzetta coltivava passioni, leggeva tragedie, amava meno le orazioni. Cosa sarebbe stata la notte, se non ci fosse stato il tempo di lasciare andare l’immaginazione libera di scorrere sulle pagine di un libro preso in prestito in biblioteca?
Ai suoi sogni pensava Alessandra, mentre percorreva un viale alberato di una stagione eterna. Si chiedeva, col sapore in bocca delle castagne prese per strada ancora calde, se non erano tutte follie, quelle nottate passate insonni, a costruirsi un futuro sulla carta, la carta degli altri.
Degli altri sì, perché lei non aveva mai pensato che potesse trattarsi un giorno di lei, lei viveva quel che leggeva. Ed erano le vite degli altri.
Però quel giorno era troppo stanca per pensare a chi e cosa e chi e cosa ha fatto cosa con chi. Quella sera era sola, con se stessa, fissa sul proprio passato con un sorriso amaro.
E poi, poi rincasa, si mette a piovere. E la storia finisce, non succede nulla, mai, né ad Alessandra, né a me.
“Ci hanno rubato il futuro”pensa a Serena, poi chiude gli occhi, stasera non legge.

Lei li sa prendere i topi?

Qualcuno deve avermelo detto in giro, non faccio più le battute di un tempo. Ah, se c’era da ridere, un tempo, a passare la serata con me. Adesso invece mi ritrovo un umorismo inglese,certo dei migliori, più witty che altro… sicchè, come si chiama l’altra gamba, mi hanno invitato ad honorem al tavolo volante di Mary Poppins. A dir la verità, qui lo dico, qui lo nego, mi è arrivato un invito scritto, dopo una battutaccia pubblicata su FB. Evidentemente i segugi del tavolo volante, parlo degli head hunter del signor Smith, appunto, hanno odorati finissimi e ne intuiscono una lontano un miglio. Nella fattispecie:
Una taccagna in farmacia
“Signora se si sente debole,le consiglio gli amminoacidi”
“Va bene, mi dia solo gli ammino, di acidi ne ho già abbastanza nello stomaco, e risparmio sul Limpidex”.
Eh, con questa mi è arrivato un invito in carta d’Amalfi e mi sono fiondata a bermi un tè col Signor Smith, persona gradevolissima.
E così, ieri, a riprova del fatto che una volta che ti siedi a quel tavolo ci resti secco, segnato, sono stata a bere un aperitivo con una coppia di inglesi, di Leeds. Quanto non hanno riso quei due alle mie battute. Ci siamo messi a volare, ma non era lo spritz, era il pims.Eccola, un’altra.